04-02-2021 | Vita di Oympia 3000

Il migliore amico del Cane


Si era nuovamente addormentato davanti alla TV. Nell'aria gli stessi odori di sempre: piedi umani, cenere della stufa, cibo nella dispensa erano i più preponderanti. Per fortuna il fastidiosissimo compressore del frigo non era in funzione e non percepiva nessun altro suono in particolare, a parte il solito rumore di fondo composto da scricchiolii, ticchettii e fruscii per lo più indecifrabili. Il Socio russava baritono nella stanza attigua. Lui in qualche modo ce l'aveva fatta, ad arrivare al letto.
Luci spente e il chiarore di luna che entrava dalla finestra grande. Con l'età gli succedeva sempre più spesso, se ne stava sul suo lato del divano ad ascoltare la serie preferita e in un momento sprofondava nel mondo dei sogni. Correre. Per quel che ricordava poi al risveglio, spesso sognava di correre.
Appena mise i piedi sul freddo pavimento in cotto, due schiocchi delle anche irrigidite gli ricordarono che invece doveva darsi una regolata con l'attività fisica e iniziare a seguire dei ritmi un pelo più blandi, diminuire le ripetute, incrementare la fase di recupero. Dedicare più tempo allo stretching forse. Al plank mattutino. A una disciplinata sequenza meditativa di introspezione, elaborazione e riflessione, per non lasciar decadere la propria superlativa presenza mentale. Gli sovvenne una riflessione pure sul fatto che, nonostante l'imminente primavera e la condivisibile preoccupazione del Socio per il potenziale impatto sul clima globale e sul loro particolare, traballante bilancio, era stato forse prematuro spegnere così presto il riscaldamento.

Il Socio, che bestia strana e affascinante. Odoroso di zenzero, focolare e sapone, criptico, si indaffarava in attività incomprensibili, di utilità inafferrabile e risultati sovente inenarrabili. Di giorno spariva seguendo affari e passioni, stava via anche per ore e quando tornava si portava dietro i profumi delle sue esotiche avventure. La sera indugiava vicino alla stufa col muso affondato tra le vicende di un buon libro, o si sedeva sul divano davanti al noiosissimo schermo, sedentario fino allo spasimo, pigiando tasti e cliccando bottoni virtuali, producendo suoni inquietanti, scorrendo gli occhi su quello che sembrava semplicemente il vuoto. Ogni tanto portava una mano all'orecchio e parlava da solo con quel suo latrato altalenante, vere e proprie conversazioni che duravano anche svariati minuti.
Che essere complicato e impenetrabile.
Verso la metà dell'estate caricava l'auto con amaca, scatolette, taniche, e per qualche settimana si trasformava in nomade. Insieme girovagavano territori inesplorati, in movimento durante il giorno e bivaccando in un posto diverso ogni notte, al risveglio passeggiavano per una spiaggia o una montagna o un fiume sempre differente e tutte le volte che si fermavano a fare provviste era come sgranchirsi in un mondo nuovo. Di ritorno a casa si era quasi disorientati, oltre che stravolti e felici.

Sull'onda di quei pensieri sbevazzò due sorsi d'acqua dal suo sovradimensionato bicchiere personale e mise la testa nella stanza del suo Amico, a vedere se per caso si svegliasse. Ma quello niente, dormiva della grossa tutto raggomitolato nella cuccia. Provò anche a chiamarlo un paio di volte, senza successo, quindi rassegnato proseguì a tentoni verso la sua branda e si sistemò tra le coperte. Tempo quarantun pecorelle e anche lui russava.
Il gracchiare della maledetta radiosveglia lo ridestò da un incubo mezz'ora dopo e la stretta, ripida, infinita scala a chiocciola in discesa venne dissipata dalla sigla del notiziario delle sette. Ancora prima di aprire le palpebre ripeté istintivamente il controllo dei dintorni: calzini, cenere, cibo. Cibo. Fame. Da lupi. Un concorde gorgogliare di protesta risuonò dal suo stomaco ma già non ci badava: a giudicare dai grugniti contrariati provenienti dall'altra stanza anche il Socio aveva ripreso conoscenza. Lo sentì annaspare in cerca dell'interruttore e dopo il clic una dispettosa luce abbagliante si sovrappose al blu rosato dell'alba che iniziava a rischiarare il cielo fuori dalle finestre. Strizzò gli occhi e non senza l'ormai solito cigolio di articolazioni si alzò, scrollò di dosso il sonno, scrocchiò il collo taurino e fece due passi di ginnastica. Poi andò a scuotere il suo Amico che indugiava ancora arrotolato nella coperta, quella morbida e ripiena di piume.
Un piede puzzone, una zampa spelacchiata e un occhio semichiuso erano tutto quello che spuntava nell'aria fredda e sapida di sonno della camera da letto; appena si avvicinò il Socio lo salutò con un gesto accompagnato da uno sbieco sorriso di affetto ancora impastato di oniriche illusioni.
Amava la mattina: il momento dell'impellente creazione artistica, del running nell'aria tersa, dell'adorazione della ciotola. La sequenza rituale delle azioni che si sarebbero susseguite era sempre la stessa, con minime varianti, e questo gli piaceva: una breve ronda del giardino mentre il Socio visitava il bagno, poi tamburellare impazientemente per sollecitarlo a sbrigarsi con i lacci delle scarpe e finalmente via, verso i campi dietro casa. Al ritorno si sarebbero sfamati e poi magari avrebbe fatto un pisolino. Sonnecchiava più spesso ultimamente, ma a parte la vista un po' appannata, il deciso quanto irritante abbassamento dell'udito e un costante dolore reumatico al polso sinistro era e si sentiva ancora gagliardo e vigoroso. Niente male, pensò: tredici anni iniziano già ad essere un'età di tutto rispetto, per un Cane.

Scodinzolando imboccarono la sterrata, fredda sotto i suoi calli, umidiccia. Qua e là c'era l'odore del gatto dei vicini, di allodola, di un riccio, e peggio di tutto del nemico del piano di sopra, esemplare canino maschio quindi estremamente antipatico.
Oggi più che mai fu colpito dal silenzio. Non aveva assolutamente una gran percezione del passare del tempo, ma da qualche giorno si era accorto che c'era uno strano silenzio. Non che il mondo fosse in silenzio, il mondo non è mai taciturno, ma tutto quel galoppare su e giù che facevano di solito gli Umani, sempre così di fretta che manco si annusavano bene, sembrava essersi improvvisamente quietato. Lungo la strada asfaltata non si srotolava la solita sfilata di disgustose vetture con il loro sputo d'alito velenoso, e si erano diradati gli aerei che con i loro sibili impertinenti tagliano in fette diseguali la torta zaffiro del cielo. Camminando tra gli alberi si tendeva l'orecchio e si sentiva il bosco e il bosco soltanto, mentre percorrevano sciolti il ciglio della collina diretti verso il bivio tra il sentiero lungo e il sentiero corto.

Percepì il disorientamento del suo compare, il naso alzato nell'aria per lui afona, e per timore che sbagliasse direzione pensò di condividere un ragionamento. Il Socio e quelli della sua specie, disse, non riconoscevano più un mondo così privo del rumore prodotto da loro stessi. Disturbati e distratti com'erano dal loro insostenibile progresso tecnologico avevano sepolto sotto coltri di funzionalissima neocorteccia e inutilissime nozioni il ricordo del loro remoto passato, del tempo in cui non erano i padroni della Terra ma certamente ne erano più esperti, tempo in cui avevano prosperato pur non avendo nulla di tutto ciò che ora erano in grado di fabbricarsi. Il tempo in cui Uomini e Cani si erano addomesticati.

E' sicuramente questa una delle tante ragioni per cui erano Amici anche adesso, in un presente solitamente comodo dove spesso non c'era da fare la guardia alla fattoria né pascolare le greggi: Cane è custode di una memoria atavica risalente a quando l'Uomo era selvatico, millenni prima di diventare agricoltore, è il monumento vivente all'origine animale della cooperazione che ha portato la tribù ad affrontare con successo pericoli complessi. Ventimila anni di pericoli. E se grazie alla loro simbiosi furono in grado di trovarsi sempre più spesso dalla parte fortunata dello spiedo in quella natura terribile e selvaggia dove i loro avi sfidavano il possente Mammuth, insieme avrebbero anche affrontato l'incertezza che in questo momento gli Umani si sentivano pesare addosso, immersi nel rombo di un mondo nel quale i loro trabiccoli non potevano circolare e dove in qualche modo erano nuovamente sperduti, piccoli e alla mercé degli elementi. Cane avrebbe rassicurato Umano con la compagnia, il fiuto, l'intuito. Umano avrebbe confortato Cane con l'abilità di produrre calore, coperte imbottite di piume e crocchette monoproteiche di maiale. Così come sempre è stato, da ventimila anni.

Il Socio stirò un affettuoso sorriso un po' di sbieco e, ondeggiando l'alta figura, girò per il sentiero lungo. Aveva capito. Che creatura intelligente.

“IL MIGLIOR AMICO DEL CANE” di MR, 2021

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Uno dei modi per sentirsi meglio in questo periodo di isolamento fisico e sociale è la possibilità di fare passeggiate con il proprio cane. Per molti è stato l'unico modo di evasione dalle mura domestiche, per mitigare la solitudine dei mesi in cui siamo stati costretti a casa, la scusa perfetta per fare esercizio fisico all'aperto e con questo accrescere il nostro benessere e la nostra capacità di gestire l'ansia.
Questa storia, scritta principalmente per intrattenere, suggerisce un insolito punto di vista da cui guardare la relazione con il vostro animale da compagnia in questo momento difficile.



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